Archivio mensile:giugno 2014

CIMA PICCOLA DELLA SCALA via normale

Tentativo 1: 25/05/2014

Prima “estiva” della stagione… che ancora estiva non è vista la quantità di neve ancora in giro.

Quindi optiamo per una meta semplice, confidenti che i nevai rimasti la rendano più sfiziosa.

Partenza comoda alle 6:00 tanto la neve è ormai compattata e le temperature non calano sotto lo zero neanche di notte, quindi un’ora vale l’altra. Alle 8:30 stiamo sgambettando lungo l’ormai arcinoto sentiero che risale la Valle di Riobianco.

Al Brunner rifornimento d’acqua e punto della situazione: abbiamo già trovato dei nevai abbastanza consistenti attraversando il Riobianco, quindi più su dovremo sicuramente usare ramponi e piccozze.

Infatti, poco dopo aver imboccato il bivio per il bivacco Gorizia calziamo i ramponi e sostituiamo un bastoncino con una piccozza: il nevaio è abbondantemente innevato e così attrezzati potremo aggredirlo meglio.

Giunti al cambio di pendenza sotto il bivacco Gorizia è il momento di portarsi sotto la parete da dove parte la cengia inclinata che sale in direzione est; la traversata non è delle più rilassanti in quanto il pendio è abbastanza inclinato e scivola fino a fondo valle. Comunque passiamo indenni.

Abbandonati i bastoncini sotto la parete, riponiamo i ramponi in zaino e vestiamo l’imbrago ed il materiale: la cengia è libera e si cammina poggiando le mani di tanto in tanto. Però il terreno è instabile e l’esposizione è buona, tanto che in un paio di punti ringraziamo i mughi che ci offrono un appiglio psicologico ed equilibristico.

Arrivati al versante est la cengia termina ed appare una lingua di nevaio che scende nel canalone che separa il corpo della montagna dal picco senza nome affianco. È ora di legarsi ed assicurarsi.

Riccardo va avanti e pianta una piccozza come protezione intermedia mentre Alessandro lo assicura da uno spuntone.

Poi si risale per pendii friabili ed erbosi fino ad arrivare ad un colatoio di acqua da disgelo: è ben appigliato (I, pp. II) ma con gli scarponi ramponabili non è proprio agevolissimo. Nel frattempo comincia a farsi tardi ed il termine delle 13:00 che ci siamo dati per il dietro-front si avvicina.

Risaliamo per il sentiero disagevole seguendo gli ometti, aggiriamo un altro nevaio ed infine arriviamo ad una sella dalla quale possiamo vedere la cima. Manca ancora un tratto di sentiero esposto, un nevaio ed il tiro di corda di II grado. Sono le 13:25.

Proseguire significherebbe arrivare in cima alle 14:00 passate dovendo poi affrontare una discesa non banale visto il tratto bagnato da disarrampicare, ed i nevai.

Faremo tesoro dei nostri errori e torneremo a completare l’opera, ma per oggi si scende.

Tentativo 2: 06/06/2014

Questa volta siamo determinati a riuscirci: conosciamo la via fin quasi alla cima ed abbiamo analizzato gli errori della volta precedente.

La partenza: troppo tardi per 1000m di dislivello con nevai da attraversare ed allenamento scarso. Allenamento scarso che ci siamo ripromessi di combattere a suon di salite al Monte Carso con delle pietre nello zaino (….).

L’ingenuità di non aver sfruttato il nevaio sottostante alla sella dove ci siamo ritirati; ma quel giorno non avevamo i corpi morti, stavolta sì.

Quindi incontro alle 5:00, alle 7:15 in marcia. Su rapidi per il sentiero. I nevai si sono ritirati, quindi arriviamo più velocmente al bivio per il bivacco Gorizia.

Attacchiamo il nevaio e circa a metà ci fermiamo per domandarci se il canalone che vediamo addentrarsi sul versante est della Cima Piccola è percorribile fino alla cima della cengia inclinata. Certo, sarebbe un divertimento e poi ci risparmieremmo abbastanza strada, però non siamo sicuri che ci porti dove vogliamo andare e noi stavolta vogliamo arrivare in cima. Per cui risaliamo il pendio, percorriamo la cengia e attraversiamo il nevaio, stavolta senza bisogno di assicurarci: la strada l’abbiamo già scavata l’altra volta. Rimontiamo il colatoio e siamo alla base del nevaio. Via diretta o aggiriamo quello sperone abbattendo la pendenza a spese della distanza? Diretti. Riccardo sale, pianta in sequenza i 2 corpi morti, esce sulle rocce e recupera Alessandro… che recupera i corpi morti… che scopriamo non avere un foro a metà grande abbastanza da passarci i nostri moschettoni. Pazienza, li trascineremo appesi ai cordini. Comunque il canale è quasi finito, quindi conviene tenersi a margine sfruttando le rocce ed il prato bagnato.

Siamo alla sella; stavolta però abbiamo ancora tempo. Si prosegue per il sentiero esposto, attraversiamo l’ultimo nevaio… che si rivela essere una cornice tra la cima e l’anticima.

Infine il tiro di corda: pochi metri di I e II, roccia sana e ben articolata, esposta e non banale avendo ai piedi degli scarponi pesanti, ma fattibilissima.

Siamo in cima: una lama lunga pochi metri. Il libro di vetta è dentro una scatola di metallo, bucata da un fulmine: inutile tentare di lasciare scritto qualcosa su quelle pagine ormai incollate dall’umidità.

Facciamo una panoramica di foto e ci attrezziamo per la discesa. Lo spezzone da 30m sarà sufficiente per una doppia fino in fondo? Alessandro testa facendosi calare alla Moulinette: sì, c’è una cengia a pochi metri dall’attacco del tratto di arrampicata. Riccardo scende in doppia. Poi si ripercorre a ritroso la via. Lungo il nevaio sotto il bivacco Gorizia si scivola più della volta precedente: la neve si è ritirata ma quella rimasta è più dura e compatta. Un po’ sui talloni, un po’ sul sedere ed un po’ sulla pancia e la punta della piccozza, comunque arriviamo bene, recuperando anche il portaocchiali di Alessandro che, durante la salita, si era tuffato giù dall’attacco della cengia.

Quanto segue è la cronaca del viaggio verso il mezzo pollo con patate a Resiutta. Ma questo tema, pur essendo alpinisticamente rilevante, è già stato ampiamente trattato.

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verso la cengia

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cengia d’attacco

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il bel canalone

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la fine del canale

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la forcelletta prima della paretina finale

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la paretina finale

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in discesa

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ancora in discesa

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scendiamlo sfruttando il canale più a destra

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breve doppia già attrezzata

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